Il 31 marzo 1939 Mussolini a Reggio Calabria inaugurava Piazza del Popolo e la Casa del Fascio, dove spiccava l’aquila monumentale littoria in marmo bianco. In una triste giornata, il 25 luglio 1943, Mussolini era un Primo Ministro dimissionario, il 28 aprile 1945, invece, fu un tragico giorno in cui si consumava l’assurda quanto sanguinaria tragedia indecorosa, Mussolini e altre vittime italiane furono uccisi da “pacifisti” e “democratici” partigiani. L’aquila monumentale di Piazza del Popolo resisteva fino al 1997, dopo che nel novembre 1993 il consiglio comunale di Reggio Calabria aveva eletto Italo Falcomatà Sindaco e dopo che nell’aprile del 1997 lo stesso Sindaco era riconfermato alle elezioni amministrative. Falcomatà, nello stesso anno della riconferma, disse pubblicamente di voler restaurare la vecchia aquila littoria in marmo e così la fece togliere dal suo piedistallo ma poi non la rimise più al suo posto. Se qualcuno volesse veramente rendere omaggio alla Sua memoria non dovrebbe fare altro che mettere mano al carteggio, robusto fino a diventare asfissiante, tra il Sindaco e la Prefettura. E quello, ancora più robusto e più asfissiante, tra il Sindaco e il Palazzo di Giustizia a partire da quella Procura della Repubblica che gli confezionò addosso ben 36 procedimenti penali. Gli fu contestato di tutto, alla fine sequestrarono anche il carteggio relativo al restauro di Piazza del Popolo. Era la piazza delle adunate al tempo del Fascismo, Falcomatà non si accontentava di restituirla alla città sgombrando il mercato che la occupava, volle anche rimetterne a posto l’architettura. Recuperò la vecchia aquila littoria e la fece restaurare. Mal gliene colse la Gigos che sequestro la delibera e avviò indagini: ipotesi di reato, apologia del fascismo. Non è una storiella, ci sono prove e documenti. Dal 2001 in poi si succedevano come Sindaci: suo cognato Naccari Carlizzi, Scopelliti, Raffa, Arena, tre commissari straordinari e oggi in carica c’è il figlio di Italo Falcomatà, che porta il fardello di amministrare non una città italiana che fu insignita da Mussolini, ma di una sperduta e sconosciuta cittadina da piccola provincia. Della gloriosa e storica aquila littoria in marmo non si è mai saputo né si sa ancora nulla: dove è custodita, se è stata restaurata, se ritornerà al suo posto oppure se dobbiamo dimenticarla per sempre. E non si pensi che l’aquila littoria era un simbolo della dittatura fascista che doveva scomparire, perché Roma e tutte le città italiane sono piene di monumenti eretti durante il fascismo che non sono stati mai distrutti e nella stessa Casa del Fascio di Piazza del Popolo a Reggio Calabria si possono ammirare ancora oggi tre bassorilievi in bronzo inneggianti all’epoca e forgiati dal famoso scultore del Ventennio Celestino Petrone. Non dimentichiamo altri importanti edifici di portata nazionale e internazionale come il Museo Archeologico Nazionale e la Stazione Ferroviaria di Reggio Calabria Centrale. Si chieda il lettore se è giusto che sia l’oblio a prevaricare o se dobbiamo cominciare a sollevare la questione per riportare il tanto caro monumento storico nella sua posizione originaria. Non s’affatichino gli agguerriti detrattori antifascisti, l’aquila littoria rappresenta una delle tante bellezze dei monumenti storico-culturali italiani, simbolo della libertà e della grandezza di un Popolo, come doveva essere nelle intenzioni di Mussolini in riferimento ai calabresi.